Oggi cambiano molte cose nella mia vita. E' giusto che tutto quello che ho scritto da quando sono tornato dal Cammino di Santiago all'altro ieri vengano messe qui. Qualcuno mi ha detto e ha pensato che siano adatte per essere messe in una cosa molto grande: un libro. Io ho dei dubbi. Sarebbe il quinto libro che scrivo, o a cui partecipo. Sarebbe certamente una cosa diversa. Per ora li metto qui. Aspettando voi. Ciao
Stava steso, sul letto, per ore. Si addormentava, si svegliava, guardava le briciole di legno scendere dalle travi di rovere del soffitto. Dalle 10 del mattino a mezzogiorno, dalle tre alle sei del pomeriggio. Peggio della pensione. Peggio che lavorare. Nelle ore libere dalla catalessi andava al bar, chiacchierava con qualcuno, aspettava. Giocava su internet, controllava la posta e i comunicati stampa. Ogni tanto accendeva la radio della polizia per ascoltare se ci fosse davvero qualche notizia che gli desse il vecchio brivido. Lo trovava, a volte. Una settimana dopo essere rientrato in casa, a Parma, trovò i segni dell'inquilina che aveva messo dentro per sei mesi, tanto per recuperare qualche soldo. Un materasso bruciato, polvere, sporco, la dispensa piena di mezze scatole aperte e di tarme. Fino ad allora aveva mangiato fuori. Non si era reso conto del posto dove dormiva. Non si era reso conto, appena entrato in casa, che sulla spalla gli era caduta un po' di quella polvere di legno che le termiti stavano pian piano continuando a scavare.
Dopo due settimane aveva capito che il suo vecchio lavoro avrebbe aspettato. Ma tanto si poteva tenere un mese libero. Dopo il lavoro all'estero, ben pagato, gli restavano 2000 euro sul conto. abbastanza per vivere. Abbastanza per concentrarsi e raccontare il suo viaggio, la partenza, l'arrivo, il ritorno, le storie, il tempo, i luoghi. Aveva tutto in testa, nei primi tre giorni. Ma lo diceva a tutti, anche se solo lui non aveva capito il senso di quello che diceva: “il Cammino non ti cambia, resti sempre uguale, solo un po' più ordinato”. Non capiva l'importanza di quelle parole. Lui infatti, disordinato sempre, metodico, catalogato nella serie dei casinisti cronici, senza rumore tornava piano ad essere quello di prima. Con lo stesso difetto che ricordava di voler cancellare: smettere di iniziare, cominciare a finire. Dopo solo 20 giorni il suo romanzo sul Cammino di Santiago languiva spezzettato in un paio di versioni. Arenato al quarto giorno di cammino. Ne mancavano 25.
Quel Mario sono io. Mi sono incontrato sulla balaustra di ponte Caprazzucca, a Parma, nella notte fra il 9 e il 10 agosto. 40 giorni dopo il ritorno da Santiago. Mi sono incontrato ubriaco, aggrappato ad un lampione. Mi sono incontrato con una bottiglia di birra in mano. Incardinato alla mia catarsi, mentre una Golf grigia passava rombando, suonando il clacson; con una ragazzina bionda che usciva con la testa dal finestrino urlando “buttati!”. Io non facevo nient'altro che passeggiare e mi son visto lì. Sotto un cielo stellato e una falce di luna che chiedevano al mondo una coppia di amanti intenti a guardarli. Avevo appena incontrato una ragazza dolce, bizzarra con il suo sorriso enigmatico, largo, disegnato da un fumettista, gli occhi neri semi nascosti da una cascata di capelli corvini: una che mi piaceva. Una a cui piacevo. Tempo fa. Prima di tutto. Prima di scegliere partenza e ritorno. Prima di odiarmi. E di odiarla, un po'. Ma non abbastanza per distaccarmene. Prima che arrivasse un'altra donna, e poi un'altra ancora. Soprattutto prima di capire che sono capace di restare solo. E che non mi piace farlo.
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