24 ore a un anno fa, e sono ancora a Bruxelles, giusto per 24 ore, stavolta. Solo per lavoro, ma non è un caso che sia tutto accaduto così in fretta, e così vicino al giorno più intenso della mia vita. Spiegarlo resta ancora oggi difficile. Anche se di sicuro c'è un bastone con 33 tacche precise, appoggiato in fondo alla cucina, in un angolo, da dove continua a guardare la mia vita in attesa del momento in cui tornerà a guidarla. Bruxelles mi ha accolto con il sole, mentre l'avevo abbandonata con la pioggia. Bruxelles mi ha accolto con persone splendide, e altre che avrei preferito non vedere. Alcuni non ci sono più, hanno cambiato vita anche loro. Altre sono restate, cambiando vita comunque. Persone che invece mi farebbe piacere vedere e forse non vedrò. Ma non importa: sono stati e sono ancora tutti mattoni importanti su cui sto costruendo il mio presente, senza preoccuparmi del futuro. Senza sognare niente di più di quello che riesco a raggiungere giorno per giorno. Le occasioni appaiono come piccole stelle nel cielo, tanto vicine da sembrare sempre a portata di mano, come quelle, splendide, bianche, energiche, stelle. Quelle che dall'Alto de Pojo mi guardarono piangere. Quelle che, stanotte, un anno fa, mi illuminarono la strada verso la periferia di Santiago.
Andiamo? Si, andiamo, il camino continua sempre.
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