Caldo. Sede anonima. Lieve tensione nell'aria. Magari è solo l'elettrodotto, chissà. Suono. Secondo piano. Porta aperta, con una silhuette in controluce che già senza vederla in faccia c'è qualcosa di poco buono. Nemmeno un buongiorno. La porta, ovviamente, è da chiudere. Sedie cinesi, sottoeconomiche. Quattro in tutto, negli angoli più brutti della stanza: sotto a una finestra, di fianco alla porta del bagno, di fianco all'ingresso della stanza Suprema, sotto al citofono. Tre ragazzi, più la silhuette che in realtà è la segretaria. Voce famosa. È l'esatto stereotipo della voce da segretaria. Non l'avevo mai sentita prima, fuori da un cinema. Risponde ad altri aspiranti ad una mansione di livello, simili o più giovani di me. Siamo in 5 nella stanza. Io e la segretaria in piedi. Ho un dubbio. Poi, per fortuna, lei si dirige di fianco al bancone. Estrae uno sgabello. O meglio quello che intuisco possa essere il suo sgabello. Scomodo, sicuramente: non sarebbe così acida. Mi tocca il posto sotto al citofono. Non è nemmeno il peggiore. Non oso immaginare cosa pensino di quello seduto di fianco al bagno.
Dalla porta scorrevole della Stanza Suprema esce uno. Probabilmente era entrato convinto di fare il volantinaggio del take-away. Dalla faccia pare che anche quel briciolo di autostima glielo abbiano distrutto. Sembra uno deciso a scendere, spaccare il finestrino di una macchina e rubare un'autoradio per sopravvivere. Penso: non ho l'autoradio. Potrei scegliere anche io quella soluzione invece di entrare in quella stanza. Che già fa contrasto con questa. Di quà piante finte, bianco abbacinante, finestre oscurate e luce al neon fortissima. Di là: nero. Buio. Si intravede una piccola luce, nascosta dietro la porta, ma potrebbe essere tranquillamente una luce di emergenza.
Poi arriva una mano, che regge un foglio. Arriva fuori dal buio solo un poco sotto alla linea della maniglia. "Zerbini", chiama una voce. Voce neutra, asettica, precisa, robotica. Accento leggermente milanese. Un accento che sa di organizzazione e di finanza. Di arrivismo. Bene, sono Lombardo anche io. Funzionerà.
Zerbini dev'essere ancora più molle del ragazzo precedente. In 30 secondi è fuori. Accompagnato alla porta mestamente dalla selezionatrice. Bassa, ben vestita, mora, capelli a coda di cavallo, trucco un po' pesantuccio per l'età, che dovrebbe essere fra i 25 e i 30. O forse i 35. Intanto la segretaria si è diretta verso il bagno. E quello seduto di fianco al bagno ha dei problemi. E' rosso, quasi viola. Troppo distante da me per condividere qualche perla. Troppo vicini al Capo Selezionatore per potersi tradire.
E' il turno di Grava, che entra prima che la segretaria esca. Perderò le sue confessioni magiche e il racconto della giornata, sono certo, ne perderà.
Grava dura, talmente tanto che la sala si riempie di nuovo. Mi trovo un altro angolo, in piedi. Cedo il posto a ragazzi più giovani di me. Peggio vestiti. Meno nervosi. Mi sento vecchio, di colpo. Un pugno alla bocca dello stomaco. Devo fumare, ovvio. So che questo non piacerà alla selezionatrice. Ma non sono qui per distribuire flyer. O almeno spero.
Intanto c'è la segretaria che lavora. Organizza. Smista. Precisa, chiede, conferma, annulla. Insomma, lavora. E se ne bulla. Non capisce perché noi siamo lì, senza lavorare. Come dei pacchi. Come se fossimo da smistare. Una maestra che mette i bambini a sedere. Una maestra nevrotica, per la precisione. Ma non importa. Meglio fumare un'altra sigaretta. Due in stecca. Non capitava da quando ero alle superiori. Manco fosse una finale del campionato provinciale di pallacanestro per un diciassettenne.
Arriva il mio turno. La mora chiama. Stretta di mano forte, ma fredda. Prima stanza, scura, piena di attaccapanni. Poi un'altra stanza. E dentro un capannone industriale scopri che può esserci l'ufficio del Super Presidente dell'azienda di Fantozzi. Solo che a capo, c'è lei. Sul puff, ci sei tu.
Tralascio il colloquio. E' la parte migliore, una partita a poker, ma la solfa è già lunga. Le faremo sapere. Di sotto, la macchina di fianco alla mia, ha un finestrino sfondato. E le manca l'autoradio. Ma per fortuna, non è di uno che cerca lavoro.
E' della segretaria.
With Love: Zerbini&co
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