La linea tracciata a Parma è quella del risparmio. Su tutto, in ogni settore, per ogni tipologia di capitolo di spesa, l'ordine è quello di tagliare. Il Comune non ha margini di manovra - pare - per i prossimi 3 anni.
Tre stagioni in trincea, per una giunta completamente nuova che deve rinnovare forzatamente tutti i vertici dirigenziali della macchina comunale, sono un motivo di disperazione: non si possono impegnare soldi, non si possono chiudere progetti.
Inoltre anche i dirigenti che potrebbero farsi vedere con delle buone attività (che si fanno quando la pecunia c'è) al momento latitano. E' troppo rischioso prendersi carico di una città sull'orlo del tracollo, e che tracollo!
Se Parma andrà in bancarotta infatti non solo ci saranno conseguenze per i politici (tutti, ma l'obiettivo è quello di far pagare caro lo scotto soprattutto al Movimento 5 Stelle) ma soprattutto per le istituzioni che hanno permesso al Comune di Parma di legarsi intorno al collo - più che un guinzaglio - una corda per l'impiccagione. Leggasi fondazioni e banche. Può il sistema finanziario nazionale sopportare un buco di circa un miliardo di euro? Ovviamente, no.
Chi si prenderà cura quindi di un'amministrazione moribonda, al cui capezzale è stato messo prima di tutto il nuovo che avanza? Non illudiamoci: il Movimento 5 Stelle è stato votato dal 16% degli elettori per le proposte che hanno costruito, ma hanno vinto il ballottaggio perché erano il nuovo, pulito e pieno di speranza, che stava avanzando. Il fatto che oggi stia facendo fatica a costruire, è solo una conseguenza della enorme cautela che si ha nell'aprire i cassetti. Cautela dovuta a bombe amministrative disseminate in ogni dove. E dovuta anche al fatto di non volersi trovare, di colpo, con ulteriori debiti, con ulteriori guerre politiche da affrontare, con ulteriori strappi da consumare con le realtà finanziarie locali, le uniche che ad oggi possono permettersi di pensare a salvare la città, perché le uniche realmente coinvolte nel dissesto creato negli ultimi anni. Certo il Comune ha indetto un bando per scegliere un nuovo direttore finanziario, uno cioè che abbia dimestichezza con le banche e che ci parli, per uscire da una situazione di empasse in cui anche riaccendere le fontane (progettate male, è vero, ma spente da mesi) è un esborso che inciderebbe negativamente sulle casse del comune.
Per questo credo che la scelta del Comune di puntare solo e soltanto sul taglio e sulla dimostrazione del risparmio, sia l'unica scelta politica possibile. Senza sapere cosa ne sarà dell'inceneritore (che probabilmente non brucerà nessun rifiuto parmigiano, ma sicuramente sarà usato per quelli dei cugini reggiani, modenesi e piacentini) la battaglia elettorale che inizia il 22 settembre con l'arrivo di Beppe Grillo in Piazzale della Pace sarà tutta incentrata sulla parsimonia e sull'immagine.
Davanti ad una classe politica che ogni volta che si presenta in televisione scatena la repulsione nella classe medio/bassa del ceto produttivo (cioè quelli che votano, quella maggioranza silenziosa che è stata presa in giro per vent'anni ed oggi è quasi nelle stesse condizioni del 1992) il Movimento 5 Stelle può correre soltanto un rischio: quello di diventare troppo intransigente e di fermarsi all'inizio del cammino, per paura che - muovendosi - toccherebbe troppi temi su cui la maggioranza silenziosa preferisce non farsi un'opinione.
Meglio quindi toccarli quando si sarà entrati in parlamento. Ma Parma può resistere a sei mesi di durissima campagna elettorale?
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